A tutti i ragazzi che non sanno che lavoro fare
“Cosa vuoi fare da grande?”
Non ho mai saputo che lavoro fare. Da piccolo ho sempre risposto a questa domanda di getto, rispondendo cavolate tipo il calciatore, il medico, l’astronauta, insomma la fiera dei cliché. Sarà che non sono mai stato fatalista però dentro di me sembrava assurdo che si dovesse sapere fin da piccoli cosa fare, ma comunque sarebbe stato un problema del me del futuro.
Neanche il tempo di realizzarlo e al liceo la stessa domanda ha continuato a riproporsi “ma quindi che cosa vuoi fare dopo il liceo? Che vuoi fare nella vita?”, all’improvviso questa domanda ha cominciato a causarmi un senso di claustrofobia, da un lato l’idea di essere impegnato in una sola cosa per tutta la mia intera e unica vita mi faceva sentire chiuso a chiave in una stanza, dall’altro cominciavo a percepire un senso di urgenza nel trovare la risposta questa annosa e sempre più riproposta questione.
Il problema è che nessuno mi aveva spiegato cosa ci fosse dopo, come funzionassero le varie facoltà universitarie, che prospettive ti aprissero, figuriamoci se avessi idea di come funzionasse il mondo del lavoro. Il mio orizzonte degli eventi era l’esame di maturità, oltre quello la scienza non era in grado di dare risposte. Non nasciamo “saputi”, se qualcuno non ci spiega come funzionano le cose noi semplicemente non lo sappiamo. Mi sentivo sbagliato dal punto di vista personale, il non avere una “vocazione” mi faceva sentire irrimediabilmente fuori posto, nonostante all’apparenza bisognasse dare continuamente risposte certe. Mentre continuavo a rispondere con convinzione con cose di cui non ero convinto dentro di me ero sempre più spaesato. Nel perpetuo e inarrestabile inondarmi di nozioni non mi stavano venendo fornite delle conoscenze di base: come si campa al mondo.
Il problema è che la scuola non è mai stata a misura di studente, assume così scarso interesse da non essere mai neanche una battaglia politica. È un istituto che si basa sulla ormai quasi centenaria riforma Gentile che è stata dolcemente deturpata da politici incompetenti nel corso degli anni. La voce degli studenti è espressa maldestramente dal ronzio di irrilevanti associazioni studentesche che, proprio perché studenti, che ne possono sapere di cosa gli serve per il futuro.
Eppure è più che mai fondamentale che i ragazzi vengano formati e che vengano creati sbocchi lavorativi, che la scuola sia connessa al mondo del lavoro ed i ragazzi siano in grado di inserirsi. Parliamo di una generazione che ha vissuto nell’arco di 12 anni le due più gravi crisi economiche dal dopoguerra ed una pandemia nel mezzo, che erediterà il più grande debito pubblico della storia della repubblica italiana e altro che quota 100, dovrà pregare se riuscirà ad avere anche il minimo per vivere dignitosamente dopo i 70 anni vista il generation gap. Parliamo di ragazzi che si dovranno districare in un mercato del lavoro immobile, con stipendi in nero da fame o contratti da stagisti gratuiti mentre la vecchia generazione, che è responsabile di ciò e si dovrebbe far carico di questi problemi, è immobile e gli dà dei pantofolari.
Un ragazzo non può sostenere il costo di fare una scelta sbagliata perché non gli sono stati dati gli strumenti adeguati da chi avrebbe dovuto farlo, finendo a scegliere di getto una facoltà di psicologia, economia, giurisprudenza o che altro. Non in Italia, non in Europa. Un ragazzo non può avere una formazione scolastica più scadente solo per essere nato nel quartiere sbagliato, non può non ottenere un adeguato supporto psicologico se non ha avuto la fortuna di avere una famiglia stabile. In un paese europeo che riconosce l’istruzione e la salute, anche mentale, quali diritti fondamentali deve essere garantito ai ragazzi, indipendentemente dalla scuola che frequentino, se liceo o istituto tecnico, lo stesso livello di istruzione e formazione.
Scegliere la facoltà sbagliata perché la scuola non è stata in grado di farmi capire come funziona l’università vuol dire come minimo perdere 3 anni della propria vita, in un mercato del lavoro che guarda anche al mese in cui ti laurei. Non mettere a conoscenza dello i possibili futuri lavorativi che gli si potranno presentare vuol dire condannarlo al caso o peggio. Se non so come valorizzarmi rimarrò sempre un diamante grezzo.
In quest’ottica nasce il progetto “Diamanti nella Roccia”: aiutare i ragazzi a valorizzare le loro potenzialità nascoste e far si che non vengano disperse. Un progetto di giovani per i giovani, di aiuto reciproco e solidale che vuole farsi carico di quelle responsabilità che chi di dovere non ha assolto. Assistere i ragazzi all’ultimo anno di scuola per insegnare loro delle competenze banali ma fondamentali: come scrivere un CV, come gestire un flusso di lavoro, come realizzare un progetto di vita e tutte quelle soft e hard skills richieste e necessarie nel mondo del lavoro, introdurli ai possibili futuri accademici e/o lavorativi. Alcuni di noi sono stati più fortunati di altri, per questo vogliamo tendere una mano e aiutare, sebbene con tutti i limiti e ignoranza della nostra giovane età, chi verrà dopo di noi.